Spesso consegnati al racconto e all’immaginario pubblico come cosa sola, i fratelli Cervi sono sette storie distinte. Tra memoria e narrazione, non è facile separare queste biografie, insieme al ricordo dell’ottavo giustiziato, il disertore e partigiano Quarto Camurri.
Gelindo Cervi nasce il 7 agosto 1901 a Campegine : è il primo di nove figli (di cui sette fratelli e due sorelle). Nel 1934 sposa Iolanda Bigi, dalla quale avrà tre figli:i gemelli Alcide e Giovanni, mentre il più giovane porterà lo stesso nome del padre, essendo nato nel febbraio 1944, due mesi dopo la fucilazione del padre. Gelindo affianca il padre Alcide nella ricerca di un nuovo podere, che li porterà nel ’34 ai Campirossi. E’ protagonista, insieme ai fratelli più grandi, della poderosa opera di livellamento dei terreni, ed è spesso con Aldo nei primi passi verso l’attività politica. Non nasconde la sua avversione al fascismo, ricevendo un primo procedimento già nel 1939, e nuovamente arrestato nel 1942 insieme al fratello Ferdinando, per l’attività di elusione dell’ammasso. Appassionato lettore, partecipa con assiduità ai corsi di perfezionamento agricolo frequentati da molti fratelli. Nella ampia memorialistica sulla famiglia, Gelindo recita il ruolo del fratello maggiore, risoluto e insieme saggio, una voce autorevole in famiglia. E’ lui, secondo il racconto, ad invitare un fascista ad unirsi alla pastasciutta del 25 luglio in piazza a Campegine. Nella ricostruzione cinematografica, non a caso, è affidato al volto solido di Riccardo Cucciolla.
Aveva 42 anni e un terzo figlio in attesa quando i fascisti lo fucilano.
Antenore Cervi è il secondogenito di Casa Cervi; nasce nel 1906 a Campegine, e si rende fin da giovane utile in famiglia. Nel 1933, primo a mettere su famiglia, sposa Margherita Agoleti e, l’anno successivo, insieme al padre e ai fratelli, si trasferisce in località Campi Rossi, nel Comune di Gattatico. La figlia Maria, seguita a breve distanza da altri 2 pargoli, sarà la prima bimba di Casa Cervi; la memoria ci riporta l’episodio delle campane fatte suonare a festa in occasione della sua nascita, privilegio normalmente “riservato” ai figli maschi.
Dalle memorie di Papà Cervi, passando per il racconto di altri narratori, ci viene consegnata una figura silenziosa e riflessiva. “Il figlio più selvatico, non parlava mai”, diceva Alcide, mentre Calvino lo definisce il “taciturno Antenore”, riconosciuto da tutti come uno delle menti più dotate della famiglia. Nella divisione dei compiti, il secondo figlio era assegnato alla cura dei campi, ed era il falegname di casa. “Continuava a tirar su figli, a far mobili, a seminare e fare raccolti”, ricorda il compagno di lotta Anatolij Tarassov.
Antenore muore a trentanove anni, lasciando la piccola Maria di 9 anni, Liugi di sette e Ennio di sei anni.
Aldo Cervi, classe 1909, è certamente il più noto dei sette fratelli. Intraprendente, inquieto, intransigente con se stesso e con il proprio tempo. Nelle principali narrazioni, la centralità di Aldo emerge in maniera prorompente. Ne “i miei sette figli” il suo nome viene citato 197 volte, a fronte delle quaranta del primogenito Gelindo. E’ lo stesso Alcide a riconoscere che “Aldo mi ha dato quel poco che ho di intelligenza politica”. Ed è questa irrequietezza civile ad animare tute le azioni di Aldo, a partire dalla prigione scontata per insubordinazione sotto le armi, nel 1929. All’ “università del carcere”, Gino (il nome con cui in famiglia veniva chiamato) apprende i rudimenti della dottrina comunista, che coniuga con la propria militanza, già sperimentata da giovanissimo nel campo dell’Azione Cattolica prima del fascismo. E sarà proprio lui a seminare in famiglia il germe della ribellione. La storia dell’antifascismo praticato dei Cervi ricalca spesso la biografia di Aldo. Dai contatti con Lucia Sarzi, alle prima azioni culturali e solidali contro il regime. Una vicenda personale impossibile da comprimere in poche righe.
A fianco dell’attivismo, spesso molto esposto, di Aldo, c’è la sua vicenda privata: la compagna Verina Castagnetti, portata in casa senza matrimonio, come ulteriore gesto di rottura verso i sacramenti di un clero (lui di provenienza fieramente cattolica) che non riconosceva più durante il regime. I due figli, Antonietta e Adelmo, nati quando la sua dedizione alla causa antifascista ne faceva un uomo in costante movimento. Fino all’epilogo, che lui stesso dava quasi per scontato, almeno per se medesimo.
Ferdinando Cervi è il quinto arrivato nel matrimonio di Alcide e Genoeffa, nel 1911. Lo “zio Nando”, nelle memorie dei nipoti, è l’intraprendente sperimentatore di nuove tecniche, l’esperto di api che porta ai bambini il sapore dolce del miele. Ma è anche un lucido antifascista della prima ora, sempre pronto all’azione e alla dichiarazione dei propri intendimenti. Con la stessa determinazione, lotta a fianco del padre e dei fratelli più grandi per l’emancipazione dalla condizione mezzadrile, contestando spesso la subalternità cui è costretta la famiglia contadina. Segue con dedizione le tracce di Aldo e Gelindo nella militanza, e con quest’ultimo sarà arrestato nel 1942 per la resistenza alla requisizione delle derrate alimentari, e altre azioni di boicottaggio economico nei confronti del regime. E sempre lui, insieme al fratello Agostino e al cugino Massimo, a sabotare il traliccio dell’alta tensione a S.Ilario d’Enza.
Ferdinando arriva celibe al plotone di esecuzione, la sua vita si spegne a 32 anni.
Agostino Cervi nasce l’11 gennaio 1916, e “veniva su il più bello di tutti”, parola di Papà Cervi. Agostino ha un ruolo di rilievo nella narrazione dell’epopea familiare, grazie al suo spirito gioviale e alla dedizione entusiasta al lavoro, fin dalla grande fatica del livellamento del podere ai Campirossi. A lui è affidata la cruciale responsabilità della stalla, insieme ai fratelli minori, cui dedica non meno impegno che nella discussione in casa e nell’azione di cospirazione antifascista. Insieme ad Aldo, nei ricordi familiari, si contende il merito di aver chiesto in omaggio il famoso mappamondo, dopo l’acquisto dell’altrettanto celebre primo trattore. E’ il più giovane dei fratelli sposati, e dall’unione con Irnes Bigi nasceranno presto, nel cuore della guerra, Luciana, Antonio e Mario. Agostino è protagonista di diverse azioni, quali l’abbattimento del palo elettrico a S.Ilario, come dei numerosi viaggi di vettovagliamento dalla pianura alla montagna per rifornire la banda dei fratelli. Mantiene sempre uno sguardo commosso alla famiglia, a cui dedica gli ultimi pensieri in carcere prima della fucilazione.
A ventisette anni, Agostino lascia una giovane moglie e tre figli piccolissimi.
Ovidio Cervi nasce il 13 marzo 1918 a Campegine, il penultimo dei nove figli di Casa Cervi. Una figura che rimane un po’ in ombra nelle memorie famigliari, citato spesso per episodi della sua infanzia, e a cui la narrazione ha affidato spesso il ruolo di coscienza critica, di cautela rispetto all’esuberante intraprendenza di altri fratelli. Insieme ad Agostino, è colui che cura la stalla ai Campirossi. Spirito giovanile e allegro (così ce lo restituisce Calvino), a lui è spesso affidata nella ricostruzione letteraria la parte dell’indisponibilità etica alla violenza, così come alla seduzione fascista. La guerra, l’azione, il convulso precipitare degli eventi, impediranno ad Ovidio di costruirsi una famiglia. Durante la prigionia, scriverà a casa una sola lettera, dove confida ancora in un buon esito della loro sorte. Nel film “I sette fratelli Cervi”, è il fratello che si copre il volto con le mani prima degli spari.
I fascisti lo fucilano a soli 25 anni, lasciando nella sua unica missiva un (forse) involontario commiato “a chi lavora per noi, e noi in cambio dormiremo per loro”
Ettore Cervi è il più giovane dei sette fratelli. Nasce il 2 giugno del 1921, ed inevitabilmente ricordato come il “piccolo e il più caro ” di casa nelle memorie familiari. E’ l’unico dei fratelli a prestare servizio sotto le armi durante la guerra, che altri avevano evitato grazie ad espedienti e varie resistenze. C’è un naturale desiderio di emergere da uomo, da parte del più giovane della famiglia, che lo porterà sul fronte jugoslavo per due anni. Dove comprende a pieno la natura della guerra fascista, e assumono nuovo significato le discussioni di cui era stato testimone nella stalla ai Campirossi. Ettore dunque, che non partecipa alla fase più intensa dell’antifascismo militante dei fratelli, è comunque insieme a loro nell’anno decisivo, il 1943. Sarà catturato insieme a loro il 25 novembre, e scriverà dal carcere due lettere a casa. La seconda, datata 27 dicembre, è l’ultima notizia proveniente dai Cervi prima del tragico epilogo.
Alle sue parole è affidato dunque il simbolico epitaffio dei sette fratelli, pur non essendo noto se fossero coscienti dell’imminente fine: “Sempre coraggio, e tutto sarà niente”. Sono gli ultimi, folgoranti pensieri del più giovane dei Cervi, fucilato a 22 anni.
Quarto Camurri è nato a Guastalla nel 1921. Coetaneo di Ettore Cervi, si arruola nella Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale nell’ottobre del 1943 e viene incorporato nel1° Battaglione 2° Corpo della 79° Legione. Il giovane Camurri, tuttavia, matura presto l’intendimento di abbandonare le armi repubblichine. Nel novembre successivo diserta ed entra in contatto con la “banda” di Aldo Cervi in montagna, nei pressi del Monte Ventasso, sull’Appennino reggiano. Le memorie di Papà Cervi raccontano l’incontro dapprima diffidente con i figli, fino ad arrivare alla sua integrazione nella banda. “Si chiama Quarto Camurri, ed è un bravo ragazzo”. Camurri è l’esempio di una generazione di giovani italiani dapprima sedotti dai richiami fascisti alla patria tradita, ma che in poco tempo apre gli occhi sulla realtà.
Condivide con i Cervi il resto del loro tragico percorso: arrestato nella loro casa il 25 novembre 1943, sarà fucilato insieme ai sette fratelli il 28 dicembre. E’ l’ottavo prigioniero della rappresaglia comminata dai fascisti reggiani, lezione esemplare per i ragazzi che intendono abbandonare la RSI. La sua figura è stata recentemente riscoperta e rivalutata, al fianco della più nota vicenda dei sette fratelli.