Sulla carne viva di Hiroshima e Nagasaki, l’ultimo atto del settantesimo della Seconda Guerra Mondiale coincide con il 70° dell’inizio della era atomica.
Il doppio lampo distruttivo di Hiroshima e Nagasaki fu l’atto finale della Seconda Guerra Mondiale. Il peggior modo per concluderla, la più funesta alba per una nuova epoca di pace minacciata. Laddove le armi erano di un tipo mai visto e concepito prima.
Esattamente settanta anni fa, il volto della guerra cambiava per sempre; la stessa nozione (e funzione) del conflitto. Certo, fu il colpo decisivo che accellerò i tempi della resa nel Pacifico. Ma la perversa “funzione pacificatrice” dei due ordigni atomici risultò essere subito contorta, quanto le lamiere delle città annichilite.
Nessuna altra arma di quel tipo venne usata contro un popolo, ma migliaia di altre ne vennero costruite, potenziate, accumulate oltre ogni umana comprensione. Mentre le macerie del conflitto in ogni parte del mondo lasciavano il posto ad un’era di libertà conquistata, i vincitori mantenevano sotto scacco il mondo con la minaccia nucleare. Il deterrente atomico portava con sé l’irrisolvibile ambivalenza di un terrificante peccato originale: che almeno DUE volte, tutti avevano visto davvero.
E se oggi si chiude con questo mortale abbaglio gemello il ricordo dei sei anni di conflitto mondiale che devastarono le nazioni, mai come nei settanta anni passati è stata viva nell’umanità la consapevolezza che il mondo era sull’orlo del baratro, pure nella “normalità” della vita sulla Terra. Si viveva in un sospeso scenario post apocalittico sempre possibile, certamente logorante e frustrante per le generazioni che lo hanno vissuto.
Per chi come l’Istituto Cervi ha la responsabilità di raccontare la guerra per educare alla pace, è necessario interrogarsi su come abbiamo usato quel silenzio delle armi tanto desiderato, ricordando quei versi di Isaia sulla necessità di trasformare “le spade in aratri, e le lance in falci”. Quel che restava del XX secolo, e quel che vive nel XXI, ancora oggi pietrificato dall’eco di un boato, è stato invece disseminato da ordigni di distruzione assoluta, ma anche dalla speranza di fermare e distruggere questi armamenti. Il recente accordo con l’Iran è il segno di questa aspirazione di vera pace.
Se vogliamo dedicare un vero pensiero di umanità alle innumerevoli vittime spazzate via dalle prime ed ultime bombe atomiche della storia, questo è l’impegno a non dimenticare quanto sia costata a loro questa pace nell’ultimo atroce atto di guerra.
ISTITUTO ALCIDE CERVI