NEL TEMPO DI TRUMP di Albertina Soliani

Domenica 13 novembre 2016, ore 22

Cari Amici,

sto rientrando da Roma dove ho partecipato al Memorial di Nassiriya, che il mio compaesano e amico Giancarlo Muti organizza ogni anno nel Municipio dove risiede e dove svolge un’intensa attività di volontariato per i ragazzi.
Ci vado per fedeltà, una parola cara all’Arma. Ci sono sempre andata in questi anni. C’era la fanfara dei Carabinieri, c’erano le scuole e molta gente.
Mi hanno chiesto un saluto, venendo da Casa Cervi. Con una domanda a bruciapelo, sul palco: e adesso con Trump come la mettiamo?
Devo aver detto pressappoco così:
Non ce lo aspettavamo, è facile immaginare che avremo più problemi, non ne abbiamo già abbastanza… La storia cammina, adesso c’è Trump, ma ci siamo anche noi, c’è questa Italia, c’è l’Europa, può essere unita e dire la sua. Ancora una volta la democrazia è nelle nostre mani. E se dall’Occidente il vento della paura scuote il mondo, in Oriente un popolo, il popolo birmano, da decenni sofferente sotto una dittatura militare, si è messo in cammino un anno fa, l’8 novembre, proprio nel giorno di Trump, e ha cambiato con il voto il corso della sua storia. Da lì spira sul mondo il vento della fiducia, della nonviolenza, della gentilezza, della democrazia. Con Aung San Suu Kyi che oggi rappresenta un rifugio, non solo per la Birmania, ma per il mondo intero.
A guardar bene, sono poche nel mondo le persone capaci di guidare i popoli verso il futuro con i valori più grandi che l’umanità ha saputo esprimere nella storia. Trump non è certo tra queste.
Certamente c’è Papa Francesco. E ci sono molti, in ogni parte del mondo, che stanno facendo nascere dal basso un mondo nuovo. Tra le doglie del parto. Non sappiamo ancora a quali prezzi, davvero è difficile prevedere. E’ meglio che ci concentriamo su quello che vogliamo e possiamo fare noi, sulle cose in cui vogliamo credere e sperare.
Vi confesso che sono molto scossa da quello che accaduto. E’ un dolore. So che da questo risultato possono scaturire ulteriori sofferenze. E’ come se fossero comparsi all’improvviso i fantasmi del passato, perchè hanno preso il potere. Questo evocano le parole di Trump, la disperazione, la disillusione, la rabbia dei suoi elettori. Da anni questo cambiamento stava preparandosi, adesso lo vediamo bene. So che la stessa natura della politica e la democrazia dell’occidente oggi sono in gioco.
Non so dirvi di più, non so fare analisi politiche, economiche e sociali che possano andare più a fondo di ciò che sentiamo o leggiamo ora.
Ho la sensazione che sarebbero più utili altre chiavi di lettura, ad esempio quelle della profezia. Quelle che guardano alle sofferenze del mondo, quelle che si interrogano sulle speranze dell’umanità, quelle che scaturiscono dalla meditazione spirituale. Cos’è il male, cos’è il bene nella storia di oggi, come vivere insieme nel mondo di oggi. Quelle che finalmente possono andare in profondità per capire, non nell’attimo dei tweet, ma nei decenni della trasformazione sociale e politica, quello che è accaduto negli anni che sono alle nostre spalle. Per ritornare all’unico radicale passaggio storico che abbiamo vissuto settanta anni fa, la Resistenza.
Vorrei che potessimo guardare in faccia Trump, capire cosa rappresenta il suo volto, attraversare il suo tempo con una determinazione nuova, di alternativa a ciò che lui rappresenta. Per cominciare a costruire il dopo Trump da subito, qui da noi. Quello che non abbiamo fatto negli ultimi venti anni quando abbiamo avuto in Italia l’occasione di incontrare uno simile a lui.
Non l’America, l’Europa ha allevato i populismi e a metà del secolo scorso ha travolto nella tragedia il mondo. Ma questo non consola. Allora gli Stati Uniti hanno rappresentato l’alternativa al nazifascismo, pagando prezzi altissimi. Ora tocca a noi aprire la strada della libertà e della pace. Ancora una volta possiamo farcela, è un’altra Resistenza. Morale e culturale, oltre che politica.
Casa Cervi è il luogo giusto ancora oggi per pensare il mondo.
A dicembre andrò in Birmania, con un gruppo numeroso di amicizia. A condividere la democrazia e la speranza in un mondo più giusto. Nel suo discorso all’Onu il 21 settembre scorso, Aung San Suu Kyi ha chiamato per nome i mali del mondo di oggi: la rabbia, l’avidità, la paura, l’ignoranza. Erano lì tutti insieme a Nuova York. Lei ha invitato tutti a lottare per un mondo migliore.
Non smetteremo mai, glielo promettiamo.
Ci sarà un dopo Trump, se lo vorremo. Statene certi.
I Cervi continuano a dirci che il mondo si può cambiare. Loro l’hanno fatto nel buio più atroce della storia.
In quel buio hanno acceso la luce.

Un carissimo saluto

Albertina Soliani
Presidente Istituto Alcide Cervi

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