Meno male che c’è ancora il ricordo dei fratelli Cervi. E meno male che a tenerlo alto c’è una combattente per la democrazia che pare uscita da un convento. Dei sette fratelli antifascisti saprete tutto. Di lei, che presiede l’Istituto Cervi a Reggio Emilia, credo che sappiate invece molto meno. Se ne parlava poco anche quando era senatrice. Con le sue caste gonne blu sotto il ginocchio, non eccitava né giornali né tivù. E dicendo sempre cose di buon senso non faceva notizia. Solo chi la osservava capiva la schiena diritta, l’istintiva capacità di sapere da che parte schierarsi e la risolutezza nel farlo. A partire dalle leggi ad personam che scatenarono, quindici anni fa, i girotondi.
Albertina Soliani, grande amica di Aung San Suu Kyi (con lei in foto), è davvero un tipo singolare. Ci sono ex parlamentari che si cercano nicchie confortevoli e vite tranquille. Lei è andata a scegliersi le battaglie scomode. Soprattutto quella più delicata e difficile dalle sue parti: la denuncia della ‘ndrangheta nella città rossa, simbolo di Resistenza e cooperative, Reggio Emilia. E nella provincia reggiana, dove Brescello, il comune che diede fama cinematografica a Giovannino Guareschi ospitando i film di Peppone e don Camillo, è stato sciolto per mafia.
Bisognava vederla e sentirla, qualche giorno fa, nel grande auditorium del centro Malaguzzi riempito dalla Legacoop dell’Emilia ovest. Sulla platea incombeva il fantasma del processo Aemilia, l’evento un giorno impossibile che tiene la città modello sulla graticola. Aveva iniziato il sindaco Luca Vecchi, annunciando la riscossa dal torpore: “sulla legalità c’è stata nei decenni precedenti una sottovalutazione. Per il nostro territorio è stato uno choc, ma oggi” ha scandito con passione “il grado di consapevolezza è cresciuto enormemente e gli enti locali hanno messo in campo strumenti di contrasto: i protocolli antimafia, la costituzione di parte civile in Aemilia, la formazione del personale amministrativo”. Era stato poi il turno di Andrea Volta, il giovane presidente di Legacoop locale. Ossia la parte non indagata ma che sente la responsabilità di non avere tenuto gli occhi aperti. “Che cosa è successo nel nostro territorio e perché non ce ne siamo accorti? Ammettiamolo, abbiamo un problema di rimozione. Come reagiamo ora come cooperazione?”.
Finché è toccato a lei dare, con la forza del ruolo e della sua lunga storia personale, la sveglia a una città che recitava un giorno di avere gli anticorpi. Gli asili migliori al mondo e la ‘ndrangheta che si mangia fette di economia. Prima i piani bassi, poi quelli medio-bassi; a salire, secondo la tipica strategia. Nel tono calmo e forte, le parole hanno preso d’incanto un suono particolare. E’ parso di vivere uno di quei momenti che possono diventare magici nella storia delle comunità, se solo ci fosse un movimento collettivo capace di prenderli e di spingerli avanti, senza perderne un bagliore.
I giovani dirigenti di Lega Coop che hanno scelto di giocare la loro ardua partita di bonifica dell’economia locale insieme con lei se la guardavano con occhi orgogliosi. L’Albertina, come i bravi politici di una volta, era andata al microfono dopo avere ascoltato tutti gli oratori, senza smanettare in continuazione con il cellulare, e scrivendo a mano con una biro blu quel che voleva dire. Poi l’ha detto. Rivendicando “l’impegno del Cervi nell’affrontare una questione che si collega strettamente alle conquiste della Resistenza, perché oggi c’è bisogno di una Resistenza all’illegalità. L’economia che non rispetta la legalità non è nell’orizzonte democratico della comunità. Ed è importante il ruolo della cooperazione, che restituisce il senso della comunità”.
Girava nel pubblico una promessa bellissima in cui la rivoluzionaria dalla lunga gonna blu era sbottata alcune settimane prima, proprio rievocando i fratelli Cervi: “non abbiamo piegato la testa davanti al nazismo”, aveva detto, “non la piegheremo davanti alla ‘ndrangheta”. Musica per l’amor proprio di cooperatori, funzionari della pubblica amministrazione, insegnanti, associazioni di categoria.
Nell’Italia che sembra lacera e sdrucita, qualcuno cerca insomma di ricucire con il passato migliore e con i codici (orali) della moralità pubblica. Prova a ridare al mondo cooperativo l’anima che ne ha fatto qualcosa di grande, finché qualcuno ha sbarellato, volendolo sempre più grande e a qualsiasi costo. Intorno a un gruppo di persone dalla faccia pulita una città che parla alla storia d’Italia prova a giocare la sua partita. Sarà giusto starle accanto.