Maria Cervi, dieci anni dopo (di Albertina Soliani)

Il dieci giugno del 2007 moriva Maria Cervi. La più grande dei nipoti: ha nove anni quando suo padre Antenore e i suoi fratelli vengono fucilati dai fascisti.
È cresciuta nella storia della sua famiglia che coincideva con la storia dell’Italia democratica. Il lutto che si trasforma subito in sogno collettivo. Il dolore che feconda la democrazia: sua Madre, Margherita Agoleti, scriverà nelle sue memorie che “non c’era tempo di piangere”. Oggi il libro ristampato è presentato a Casa Cervi, con il contributo oggi come allora del Sindacato Pensionati della Cgil.
Le donne della famiglia Cervi prendono la forza di raccontare perché la vita è più grande della morte. Portano nel cuore l’esempio di Genoeffa, la Madre. Raccontano ai ragazzi e al popolo che arrivano ai Campirossi, sotto il portico della Casa, la vita è la scelta dei sette fratelli. Così farà Maria fino all’ultimo giorno. Una vita, la sua, spesa per la pedagogia della Resistenza, per l’educazione alla Democrazia. Una vita pubblica.
La incontravo in treno, mentre andava nelle scuole di tutta Italia. Siamo state insieme vent’anni fa a Brindisi, e con noi c’erano Tina Anselmi e le donne delle associazioni partigiane al primo seminario del ministero della Pubblica Istruzione sul l’insegnamento della Resistenza nelle scuole.
“Sulla memoria ho costruito la mia salvezza morale”, ha scritto. Questo pensiero avrebbe dovuto illuminare la storia politica dell’Italia in questi decenni. Oggi la ricordiamo in un convegno a Casa Cervi, nel percorso dei settant’anni del voto alle donne.
Tutto si tiene, nella vita di Maria Cervi. La tragedia del fascismo, la Lotta di Liberazione pagata a carissimo prezzo dalla sua famiglia, la partecipazione attiva alla vita pubblica, la semina tenace per l’educazione delle nuove generazioni, la passione politica per il cambiamento del mondo. Nella filiera delle donne italiane del Novecento, Maria Cervi è un esempio della staffetta che passa dalle generazioni cresciute nell’Italia fascista, alle generazioni di donne che hanno fatto l’Italia repubblicana.
Casa Cervi non è soltanto un luogo di memoria: la terra, le case, gli oggetti, le lapidi. È innanzitutto la presenza vivente di testimoni. A lungo sono stati l’anima di questo luogo, con Alcide, le nuore, i nipoti, ma soprattutto i narratori della speranza di sempre nella libertà e nella giustizia. Lo sono tutt’ora con la discendenza della famiglia e con i volontari che continuano a raccontare. La memoria non vive senza questi testimoni. E oggi è una narrazione collettiva, quella che si compie ai Campirossi. Oggi più che mai vi è bisogno di testimoni.
Ai funerali di Maria Cervi è intervenuto Walter Veltroni, che da Ministro dei Beni Culturali aveva preso a cuore la salvezza è il rilancio di questo luogo. Disse allora di Maria “se n’è andata una grande italiana”. Per questo Walter Veltroni ritorna oggi a casa Cervi, per portare di nuovo nel futuro insieme a noi questa storia.

Albertina Soliani
Presidente Istituto Alcide Cervi​

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