Trentasette anni dopo il dolore è sempre con noi. Le perdite sono una ferita che solo l’amore può lenire. Di ciascuna vita perduta conosciamo l’età, la provenienza, la storia. Sono scritte nelle lapidi. Ciò che non conosciamo lo intuiamo.
C’è però una voragine che ci accompagna come una vergogna, come una colpa: è il vuoto della verità. Non sappiamo chi è stato, chi ha voluto la strage e perché, chi ha tenuto i fili di quella stagione terribile. Una strage politica nel tempo oscuro di una strategia che voleva colpire il nostro Paese, con la paura, impedire che si aprissero prospettive di progresso sociale e civile, che si realizzassero equilibri politici più maturi e avanzati. C’era chi voleva fermare la democrazia. Chi voleva imporre il potere dei pochi. Un filo nero che veniva da lontano, il fascismo che non tramonta mai. Tramavano nell’ombra. Una strategia che durò decenni, che ha prodotto stragi, che ha colpito la vita dei cittadini inermi e pacifici là dove naturalmente si svolge: nelle stazioni, sui treni, nelle piazze. Ha spezzato le promesse della vita per ragioni politiche ignobili, ha prodotto assassinii politici, colpendo magistrati, giornalisti, rappresentanti delle istituzioni. Un Paese intero ostaggio di forze che avevano paura ad agire alla luce del sole, che si infiltravano in tutte le strutture dello Stato e delle amministrazioni. Era il regno della P2.
L’Italia è uscita da quell’incubo, ma a prezzi altissimi. E alla fine il processo democratico si è arrestato, si è indebolita la fiducia fino al venir meno della visione di una democrazia matura, coesa, sostenuta dalla partecipazione dei cittadini. Un attacco alla democrazia che la politica non ha voluto indagare fino in fondo. Archiviata dalla politica prima ancora che dalle stanze della giustizia. Non archiviato del tutto nelle coscienze che resistono.
L’Istituto Alcide Cervi resiste con loro ed è oggi al fianco dei famigliari delle vittime, delle istituzioni, delle associazioni, del popolo che difende ciò che in quel tragico 2 agosto è stato così violentemente colpito. Il bene più grande della convivenza, la democrazia. Vite innocenti colpite perché si volevano uccidere i valori più alti dell’umanità. Non sono vite private, esse appartengono alla comunità democratica nella quale, quel giorno, pensavano di essere protetti, al sicuro.
La politica, la violenza, hanno sempre a che fare con la vita. C’è un solo modo per fermare questa volontà perversa: resistere.
È la lezione permanente della memoria dei Fratelli Cervi e delle vittime del 2 agosto 1980.
ALBERTINA SOLIANI
Presidente Istituto Alcide Cervi