I GIORNI DELLA COSTITUZIONE (di Albertina Soliani)

Settant’anni fa, di questi giorni, la Costituzione entrava nella vita degli italiani. Più che le norme, se ne conosceva lo spirito. Anche gli analfabeti capivano che si entrava nel sogno della libertà, della giustizia, della pace. Rimanevano ancora le macerie morali e materiali di un tempo disumano, ma tutti sentivano che esse dovevano rimanere alle spalle e che una nuova umanità stava nascendo.

I giorni che oggi stiamo vivendo sono ancora quelli della Costituzione? Quei giorni erano pieni di speranza nel futuro. I nostri sono tristi, carichi di delusione, di rabbia, di paura. Allora i fantasmi di morte erano stati scacciati, adesso sembrano riaffacciarsi. Settant’anni dopo siamo smarriti, cerchiamo la sicurezza che allora era stata conquistata. A caro prezzo. Le Costituzioni costano. Quel sogno, e le parole che lo raccontano, oggi sono nelle nostre mani. Sono gli stessi di allora. Hanno la stessa forza di cambiare le cose. Le Costituzioni costruiscono le nostre vite. La differenza sta nei protagonisti, ieri loro, oggi noi. La bussola che allora segnò lo spartiacque fra civiltà e barbarie è la stessa che oggi può guidare i nostri passi. Non ve n’è un’altra. La convivenza democratica, che la Costituzione repubblicana racconta, è fatta, oggi come allora, di dignità umana, di solidarietà, di responsabilità degli uni verso gli altri. Nella crisi morale e culturale che stiamo vivendo, prima ancora che economica, sociale e politica, quel sogno può di nuovo suscitare speranza, se ciascuno sente la responsabilità del proprio ruolo nei confronti degli altri. Nel mondo globale la via della pace è l’unità delle diversità. Non diversamente da allora, quando il mondo, dall’Atlantico al Pacifico, si trovò unito per la libertà.

Non di muri, fili spinati, barriere culturali e materiali vi è bisogno oggi, ma di apertura, dialogo, scambio e visione comune. Come allora. Non di parole gridate, ma di parole pacate e persuasive. Non di egoismo, ma di compassione. Come allora, vi sarebbe bisogno di eroi, di statisti. Che venivano dalla gente comune. Settant’anni fa i sopravvissuti sentivano su di sé la responsabilità consegnata da coloro che erano caduti. Avevano visto l’orrore della guerra e della Shoah, il disastro della dittatura nazifascista, l’oppressione delle coscienze. La Costituzione era il superamento della paura. Oggi la paura sembra dominare la vita individuale e collettiva. Solo la Costituzione può aiutarci a liberarci da essa.

A Casa Cervi, giovedì 15 febbraio, Maurizio Viroli parlerà della Costituzione Repubblicana e dei doveri civili. Ripartiamo da lì, ripartiamo da noi stessi e dalla nostra responsabilità. I Cervi, negli anni dell’antifascismo e della Resistenza, partirono di lì, dalla loro coscienza, dalla loro scelta. Nella famiglia Cervi la madre e il padre avevano educato i figli, come dice l’articolo 30 della Costituzione: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”. E tutti volevano concorrere “secondo le proprie possibilità e la propria scelta (…) al progresso materiale o spirituale della società”, come dice l’articolo 4.

Loro hanno scritto la Costituzione, democratica e antifascista. L’hanno scritta con la loro vita. Essa attende oggi di essere scritta nella nostra vita. Oggi vi sono troppe ambiguità, il fascismo è la negazione della nostra Costituzione, l’antifascismo è un nostro preciso dovere. Settant’anni dopo, il nostro primo dovere è restituire dignità alla politica. Ricordando che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore” (art. 54).

Continueremo a tenerla cara, la Costituzione, a Casa Cervi. La leggeremo insieme a voce alta, nella notte della vigilia del 25 aprile, la leggerà il popolo. Chiameremo i testimoni di oggi, coloro che la vivono dentro le sfide del nostro tempo e che portano con coraggio il suo messaggio di speranza nelle periferie della società e tra i giovani.

Settant’anni dopo i Giorni della Costituzione sono adesso. Per una nuova Italia e una nuova Europa.

Albertina Soliani

Presidente Istituto Alcide Cervi

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