IL DISCORSO DI ROMANO PRODI
IN OCCASIONE DEL
CONCERTO PER LA LIBERTÀ DELL’EUROPA
TEATRO REGIO DI PARMA
11.05.19
Vi porto una meditazione e una riflessione in questa sera rievocativa, organizzata dalla Fondazione Arturo Toscanini e dall’Istituto Alcide Cervi, il quale ha dato e dà un contributo al ricordo delle fondamenta della nostra democrazia.
È incredibile quella lettera di Arturo Toscanini in cui, prima della guerra, lui parla di Famiglia Europea, capendo che o si metteva la fine alle liti, alle tensioni e al massacro che avevamo fatto fra di noi, o non ci sarebbe stato un futuro. E questo è avvenuto con il contributo dei martiri, con il contributo di coloro che hanno fatto la Resistenza, e la fiaccola è passata nelle mani delle istituzioni europee, a volte degnamente, a volte indegnamente; ma il compito di chiudere la parentesi delle tragedie europee e di portare l’unità è in mano all’Europa, è in mano all’Unione Europea. Naturalmente, è chiaro che il passaggio nel tempo rende tutto più complicato, tutto più difficile da ricordare.
Quando io dico che l’Europa ha garantito la pace, quando parlo ai giovani di questo, mi guardano come un dinosauro: sembra che la pace sia garantita, sembra che nessuno più si ricordi che tutti i nostri paesi hanno al loro centro il monumento ai caduti delle due guerre mondiali, nessuno ricorda cos’è stato il secolo scorso. Noi dobbiamo rinnovare queste riflessioni con un’azione continua verso la pace.
Voglio solo ricordare un episodio che mi ha sempre colpito. Quando si stava costruendo l’Euro, nelle difficoltà di quel momento, nelle tensioni che si erano create, ricordo che ero con il Cancelliere tedesco Helmut Kohl quando arrivò una mozione dagli imprenditori della Germania contro l’entrata dell’Euro. Allora immediatamente mi rivolsi a lui dicendo: “Ma come mai i tuoi sostenitori della famiglia dell’economia tedesca sono contro l’Euro e tu insisti con caparbietà e con durezza a sostenere la moneta unica? Qual è la ragione?”. Lui mi ha guardato e mi ha risposto: “Io voglio l’Euro perché mio fratello è morto in guerra”. Kohl non ha detto per i tassi di interesse, ma “perché mio fratello è morto in guerra”. Senza l’Europa non conserviamo la pace.
Il secondo dono che ci ha fatto l’Europa è quello della democrazia, anche se a volte è a rischio, anche se a volte ha dei problemi. Ma, guardate, in tutto il mondo la democrazia da qualche anno è in ritirata, in tutto il mondo c’è questo desiderio di autorità. Partiamo dalle Filippine, dove un presidente-dittatore manda a morte senza processo; passiamo in Cina, dove l’autorità si è accresciuta anche se già era forte; in Pakistan, in Russia, in Turchia, e poi anche in qualche parte dell’Europa, il desiderio di autorità in Ungheria, in Polonia e in Italia.
È venuta come la tentazione del mondo. Si è già affermata negli Stati Uniti e pure in Brasile, dove nessuno mai pensava che arrivasse un presidente con queste caratteristiche. Sono proprio la complicazione della globalizzazione e le difficoltà del mondo che fanno in modo che si dia quasi una delega ad altri per il comando.
Ancora una volta, il centro di difesa dell’identità democratica è l’Europa, nonostante tutte le difficoltà e tutte le complicazioni della società; nonostante la Germania impieghi sei mesi per fare un governo. Perché è cambiato il mondo, perché le richieste della società sono più diversificate, più raffinate di quelle che erano un tempo; come se noi, arricchendoci, abbiamo complicato il menù di cui ci nutriamo. E tutto questo fa sì che la democrazia fatichi a procedere, fatichi ad andare avanti.
Soprattutto abbiamo una debolezza di fronte a nuovi colossi che si stanno impadronendo nel mondo, di fronte alla ricchezza di alcune grandi strutture economiche che stanno veramente cambiando la faccia della Terra, i nuovi gestori delle comunicazioni come Google, Facebook, Alibaba, Ebay, Amazon. Tutto questo cambia i rapporti fra “sudditi” e “coloro che hanno il comando”, tutto questo cambia totalmente la nostra società. Ci dobbiamo rendere conto che queste grandi potenze sono gestite tutte al di fuori dell’Europa.
Per dare un’idea dei cambiamenti in atto, vorrei ricordare che al mondo ci sono 23 cinesi per ogni italiano e 17 cinesi per ogni tedesco. Davvero vogliamo che il sovranismo e la separazione fra i diversi paesi ci possa dare una guida per difendere i nostri valori? Non è possibile. È assolutamente impensabile.
Come ripeto sempre, con il sovranismo rischiamo di fare l’errore che ha rovinato l’Italia del Rinascimento, quando gli stati italiani erano primi in tutto. Lo sappiamo, non è retorica, primi in tutto. Poi è venuta la prima globalizzazione, non ci siamo messi assieme e siamo scomparsi per quattro secoli dalla carta geografica. Siamo scomparsi perché il Regno d’Inghilterra, il Regno di Francia, il Regno di Spagna potevano costruire nuovi galeoni per far fronte alla prima globalizzazione, che è stata la scoperta e la conquista dell’America.
Adesso siamo nella seconda globalizzazione, le caravelle si chiamano appunto Google, Alibaba, eBay, e sono tutti o americani, o cinesi. Nelle 20 grandi imprese di comunicazione moderne e innovative nel mondo, 19 sono cinesi e americane, solo una è europea, ed è al 19° posto.
Allora vogliamo dare davvero ai nostri figli qualcosa che non sia in grado di mantenere alta la nostra tradizione culturale a livello democratico? Soprattutto quello che noi abbiamo dato al mondo, e che è il valore grande dell’Europa, cioè il welfare state, che in nessuna parte del mondo c’è. Questo sforzo condiviso, almeno fino a poco tempo fa, per garantire la salute, le pensioni, per garantire la scuola, per garantire a tutti i cittadini, possibilmente, un uguale livello di partenza. Questo non c’è né in Cina, né negli Stati Uniti, né in nessun’altra parte del mondo.
Ora l’Europa deve garantire il nostro futuro facendo progressi, andando avanti, non fermandosi come purtroppo è avvenuto negli ultimi anni. Dopo le grandi conquiste ci siamo come addormentati e la gente non vuole più bene all’Europa, non perché l’Europa esagera, ma perché si è fermata. Perché solo quando si cammina e si consegna si ha la fiducia.
Ecco allora il vero sovranismo: se vogliamo difendere la nostra sovranità, cioè le nostre tradizioni, la nostra vita, se dobbiamo dare una garanzia ai nostri figli, non lo possiamo fare da soli. Il vero sovranismo è la condivisione con gli altri paesi europei.
Questo è il messaggio che dobbiamo avere bene in mente e, veramente, mi fa quasi commozione che questo sia stato aperto da una lettera di Arturo Toscanini, prima che tutta la realtà europea avesse la sua origine. Dobbiamo cercare di avere la sua stessa intuizione e il suo stesso senso della storia.
Grazie.
Romano Prodi