Intervista a Fabio Marceddu e Antonello Murgia > Sotto la grande quercia

Blog a cura di Raffaella Ilari
con approfondimenti e interviste agli organizzatori, agli ospiti e al pubblico
del 18° Festival di Resistenza
 

La storia di Alfonsina, una storia femminile di riscatto sociale

Intervista a Fabio Marceddu e Antonello Murgia
Di Raffaella Ilari

È la storia di una donna quella di “Alfonsina Panciavuota”, una storia di violenza sulle donne che, fra povertà e soprusi, in una Sardegna attraversata dalla guerra, la compagnia sarda Teatrodallarmadio porta in scena come inno agli ultimi. È la storia di una donna che, in realtà, appartiene a tutte le donne che nei secoli sopportano in silenzio la subalternità imposta della loro condizione femminile, lasciando andare – quasi rassegnate colpevoli – la propria libertà di scegliere. Ne parliamo con Fabio Marceddu, autore ed interprete in scena, e Antonello Murgia, regista dello spettacolo.

Chi è Alfonsina?
Alfonsina è una figlia del popolo, l’ultima di nove figli che a dieci anni nel 1946 viene “venduta” come servetta ai padroni della miniera di una ipotetica città mineraria della Sardegna.

Come si intreccia la storia di Alfonsina con la Storia, quella con la ‘s’ maiuscola?
La storia la raccontano sempre i vincitori e non i vinti. Anche la Sardegna, nel post guerra è investita da una serie di cambiamenti epocali, ma la sua Storia sociale è, non poco, legata anche all’evoluzione del mondo minerario; non dimentichiamo che il primo sciopero nazionale del 1904 avvenne in Sardegna contro la popolazione di Buggerru, durante il governo Giolitti. Lo spirito di egualitarismo è molto forte nel sentimento popolare legato al mondo minerario. Quindi la vicenda dei tumulti in area sarda, è una rilettura dei tumulti cronologicamente spostata e ispirata a quelli del sud Italia del 1946.

Come avete lavorato alla costruzione drammaturgica di questo personaggio femminile?
Le nostre mamme sono entrambe del 1932, nate in una terra, ai tempi povera, in pieno clima fascista e a cavallo fra le due guerre. Alfonsina è una storia inventata che si basa su notizie storiche e storiografiche vere. Ci siamo ispirati alle storie di tante donne vittime di soprusi che dalla Sardegna spesso venivano inviate in continente al servizio di famiglie benestanti, oppure vendute direttamente in loco. L’opera, strutturata in tre atti, segue uno schema a tinte tragiche sebbene i protagonisti siano “i figli del popolo” in opposizione ad una borghesia d’importazione in decadenza (il mondo minerario).

Come si intrecciano le parole ai suoni?
La parola stessa è suono, la parola stessa è storia, quindi è in trasformazione. Essendo suono è anche musica perché organizza il suono stesso. La musica lavora misteriosamente sulle distanze e le frequenze dei suoni che possono essere più lontani e più vicini, di note che al tempo stesso si attraggono e respingono, che si amano e lottano. Le musiche in Alfonsina intervengono in modo complementare alla scena. Le ho suonate io stesso (n.d r. Antonello Murgia è regista compositore ed esecutore) interpretando il pensiero attraverso le mani di una bambina che suona il pianoforte verticale in un andito; le melodie sfidano la risolutezza degli accordi in triade, quasi come una voce sola che, amando, sfida il potere.

C’è stato un tempo in cui “i figli si vendevano come bestie”. In che misura questa affermazione è ancora attuale?
Noi raccontiamo Storie del passato per raccontare il Presente e il Futuro. Il teatro ha l’obbligo morale di dare voce a chi non può parlare. Il teatro per noi è civile, politico e “archeologico” nel senso che fa emergere il sommerso. Quel che qui appare come un tempo lontano forse non è poi così lontano. Altri popoli ma anche gli stessi nostri vicini sono investiti da questi fenomeni di negazione dell’esistenza stessa. Vendere qualcuno è quanto di più immorale, ingiusto e criminale possa capitare nella vita di una persona. Ma spesso la genericità degli accadimenti non da un nome e cognome a chi è vittima di tutto questo. Dare visibilità, cuore anima e sentimento a chi ancora oggi subisce tali angherie è nostro dovere, perché conoscere significa capire, e solo dalla comprensione può nascere un vero cambiamento che porti all’affrancamento da tali aberrazioni.

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