In ricordo di Dietrich Bonhoeffer, a 75 anni dal suo sacrificio

 

Memoria 9 aprile 1945
75° anniversario della morte di Dietrich Bonhoeffer

 

Il 9 aprile di 75 anni fa Dietrich Bonhoeffer veniva impiccato a Flossenbürg, dieci giorni prima della liberazione del campo da parte delle truppe alleate. L’ordine di Hitler era di giustiziare, prima della fine ormai imminente, i cospiratori dell’attentato del 20 luglio 1944. Bonhoeffer era tra questi.

Il medico del campo, Hermann Fischer-Hüllstrung, così rese la sua testimonianza:

«Il mattino del giorno stabilito, fra le 5 e le 6, i prigionieri, fra i quali l’ammiraglio Canaris, il generale Oster, il generale Thomas e il giudice Sack furono portati via dalle celle. Vennero lette le sentenze del tribunale militare. Attraverso la porta semiaperta di una stanza delle baracche vidi che il pastore Bonhoeffer, prima di svestire gli abiti da prigioniero, si inginocchiò in profonda preghiera con il suo Signore. La preghiera così devota e fiduciosa di quell’uomo straordinariamente simpatico mi ha scosso profondamente. Anche al luogo del supplizio egli fece una breve preghiera, quindi salì coraggioso e rassegnato la scala del patibolo. La morte giunse dopo pochi secondi. Nella mia attività medica di quasi cinquant’anni non ho mai visto un uomo con tanta fiducia in Dio».

La testimonianza, per altro in seguito messa in discussione, è raccolta nella biografia di Bonhoeffer curata dall’amico Eberhard Bethge. La conservo con la sua dedica, fatta a San Polo d’Enza il 26 maggio 1998, poco prima di morire. Era tornato nei luoghi dove nell’estate 1994 era arrivato con l’esercito tedesco e aveva ricevuto, nascosto e salvato le lettere dal carcere di Bonhoeffer. Quelle lettere, raccolte poi in Resistenza e Resa, sono state di ispirazione in Europa e nel mondo.

In questi giorni l’anniversario della morte di Dietrich Bonhoeffer è stato ricordato in Italia con una videoconferenza, anche per iniziativa dell’Associazione La Rosa Bianca. Fabio Caneri, che ne è Presidente, ed è membro del Consiglio Nazionale dell’Istituto Alcide Cervi, ci ha inviato il suo contributo. Bonhoeffer vive.

Albertina Soliani
Presidente dell’Istituto Alcide Cervi

 

 

Resistenza e libertà, responsabilità per tempi inquieti
Il 9 aprile ricorre il 75° anniversario del martirio di Dietrich Bonhoeffer

 

Teologo e pastore luterano, voce di resistenza contro il nazismo, si confronta con un regime in cui si giura per una triplice fedeltà: “Ein Gott! Ein Führer! Ein Volk!”. (“Un Dio! Un Führer! Un popolo!”) e dove il suo esercito porta scritto sulle fibbie il motto “Gott mit uns” (“Dio è con noi”). Hitler riassume su di sé il ruolo di Führer (“il condottiero”) insieme a quello di Verführer (“il seduttore”). Sono poche le voci dissenzienti di fronte alle scelte tragiche del Terzo Reich verso cui matura un ampio consenso nella società, nelle istituzioni, nell’esercito e nelle chiese tedesche.

I giovani della Rosa Bianca tedesca, che distribuirono volantini contro Hitler opponendosi al regime nazista, pagano con la vita la denuncia contro lo stato “blasfemo” e “corrotto”. Nel loro IV volantino scrivono: «È il tempo del raccolto e la falce colpisce con pieno vigore nella messe matura! Il lutto penetra nelle case della nostra patria, e nessuno viene ad asciugare le lacrime delle madri; ma Hitler inganna coloro a cui ha rapito il più caro dei beni, e lo ha gettato verso una morte senza significato. Ogni parola che esce dalla bocca di Hitler è una menzogna. Quando egli parla di pace pensa alla guerra».

Così anche Bonhoeffer, in occasione del Natale del 1942, scrive ad un gruppo di conoscenti: «Per chi proviene dal mondo concettuale della nostra etica tradizionale il fatto che il male si presenti nella figura della luce, del bene operare, della necessità storica, di ciò che è giusto socialmente, ha un effetto semplicemente sconcertante; ma per il Cristiano, che vive della Bibbia, è appunto la conferma della abissale malvagità del male».

La vita di Dietrich Bonhoeffer si intreccia con quella di altre persone con cui condivide l’amore per la musica, per i viaggi e per le letture comuni. Con una stretta cerchia di persone crea occasioni per pensare al tempo presente, per confrontarsi con la stringente attualità.  «L’amicizia diventa uno spazio in cui ha gioco la libertà». Nella raccolta di lettere e scritti del periodo della prigionia (dal titolo significativo “Resistenza e resa”) dice:«Non si diventa uomini completi da soli ma unicamente assieme ad altri».

Nasce la volontà di fare qualcosa per affrontare la violenza del regime, per fermare le tragiche conseguenze derivanti dalle leggi razziali e dalla guerra incominciata, portatrice di devastazione e morte. Matura l’esigenza di una resistenza quale estrema possibilità per riuscire a superare un momento storico segnato dalle barbarie nazista. Sulla strada di Bonhoeffer – così come accadrà al gruppo della Rosa Bianca di Monaco – ci sarà la prigionia e la condanna a morte, destinata a coloro che si erano opposti ad Hitler e non dovevano sopravvivere al regime.

L’arresto avviene il 5 aprile del 1943, poco dopo il processo e l’esecuzione del primo gruppo dei giovani della Rosa Bianca (febbraio 1943).  L’accusa iniziale per lui è il mancato svolgimento del servizio militare (per cui aveva ottenuto una esenzione) e l’avere favorito la fuga in Svizzera di un gruppo di ebrei.  Il precipitare della situazione non consente l’incontro tra il gruppo di resistenza di Bonhoeffer e i giovani della Rosa Bianca di Monaco. La lunga carcerazione a cui è sottoposto, però non fermerà le occasioni di riflessione.

Dopo il fallito attentato al Führer del 20 luglio del 1944, Dietrich Bonhoeffer viene accusato di aver partecipato alla cospirazione. Hitler ormai rinchiuso nel bunker a Berlino, fa partire l’ordine di eliminare le persone che avevano fatto parte della congiura. Dopo un processo sommario viene impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg il 9 aprile 1945 a poche settimane dalla attesa liberazione da parte degli alleati. I suoi scritti dal carcere ci hanno consegnato una ricchezza e una abbondanza di riflessioni ancora oggi oggetto di studio e approfondimento. Recuperiamo in particolare la responsabilità della memoria e la necessità di confrontarsi con il male nella storia.
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«Di fronte all’abisso del nulla scompare la questione dell’eredità storica, ricevere la quale significa nel medesimo tempo elaborarla nel presente e trasmetterla al futuro. Non esiste né futuro né passato. Esiste solo più l’istante salvato dal nulla e la volontà di afferrare quello seguente. Già le cose di ieri cadono nell’oblio e quelle di domani sono troppo lontane per impegnare oggi. Ci si scrolla dalle spalle il peso delle cose di ieri glorificando un passato nebuloso e lontano, ci si sottrae al compito di domani parlando dei prossimi mille anni. Nulla lascia un’impronta, nulla crea un obbligo. Il film, che si dimentica appena finito, è il segno della profonda smemoratezza di questo tempo. Eventi d’importanza storica mondiale e crimini inauditi non lasciano traccia nell’anima dimentica. Si gioca con il futuro. […] La perdita del passato e del futuro fa oscillare la vita tra il più brutale godimento e l’avventato gioco d’azzardo. […] Non essendoci più nulla che duri, crolla la base della vita storica, cioè la fiducia, in ogni sua forma. Non essendoci più alcuna fiducia nella verità, il suo posto è preso dai sofismi della propaganda. Non essendoci più alcuna fiducia nella giustizia, si dichiara giusto quello che giova. Pure la tacita fiducia nell’altro, che poggia sulla coerenza, si trasforma in un perenne e sospettoso sorvegliarsi a vicenda. Alla domanda: che cosa rimane? Si può rispondere soltanto: l’angoscia di fronte al nulla» (da Etica di Dietrich Bonhoeffer).

Vi è la necessità di recuperare quanto ci ha consegnato la storia per operare, qui ed ora, scelte responsabili e di azione per resistere contro le forme totalitarie e inumane che continuano ad agire nella storia, in vista di un bene da offrire alle generazioni future. C’è un compito da assumere guardando con gli occhi nuovi la storia assumendo su di sé l’impegno e quindi anche il rischio per una politica capace di orientarsi al bene, alla costruzione di pace e alla condivisione di punti di vista, soprattutto delle persone che più soffrono.

«Resta un’esperienza di incomparabile valore l’aver imparato a vedere dal basso i grandi avvenimenti della storia del mondo, nella prospettiva degli esclusi, dei sospettati, dei maltrattati, dei deboli, degli oppressi e derisi, in breve dei sofferenti. E’ già tanto se in questo tempo l’amarezza o l’invidia non hanno divorato il cuore, ma anzi guardiamo con occhi nuovi la grandezza e la meschinità, la felicità e l’infelicità, la forza e la debolezza, e la nostra capacità di vedere la grandezza, l’umanità, il diritto e la misericordia è diventata più chiara, più libera, più incorruttibile, e la sofferenza personale è una chiave più idonea, un principio più fecondo della felicità personale nell’accedere al mondo con lari flessione e la pratica. Tutto dipende solo dal non trasformare questa prospettiva dal basso in uno schierarsi con gli eterni scontenti, e invece nel far giustizia e nell’affermare la vita in tutte le sue dimensioni, sulla base di una contentezza maggiore i cui fondamenti non sono né in alto né in basso, ma al di là di queste dimensioni».

Di fronte al Male della storia, la testimonianza di Dietrich Bonhoeffer offre ancora oggi un riferimento importante per ripensare una modalità di vivere la fede, la libertà: la scelta di un bene comune per l’attuale e le future generazioni che passa attraverso a una responsabilità personale, resistente e capace di “stare in piedi”, anche dinanzi al potere.

Per approfondire la figura di Bonhoeffer è consultabile il seguente link.

 

Fabio Caneri
Presidente dell’Associazione La Rosa Bianca

 

 

 

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