Come sostengono gli antropologi, gli alberi della biodiversità sono opere d’arte create dagli agricoltori. Dietro ad ogni albero coltivato c’è l’uomo con la sua storia e il suo sapere, ed è difficile tutelare la biodiversità se non se ne conserva anche la memoria.
Per questo, accanto alla Piantata reggiana maritata all’Olmo siberiano, è a dimora un filare di nove alberi da frutto: fico, pero cocomerino, melograno, gelso, albicocco rosso, melo, olivo, susina zucchella, ciliegio, con in testa una vite di uva rossa maritata all’òpi, l’Acero campestre.
Il colore rosso che accomuna il frutto maturo di tutte le piante, o nella polpa o nella buccia, si carica di valore simbolico con rimando alla vitalità del popolo emiliano, alle passioni, al sentimento, alla vita, al coraggio e al sacrificio, anche della Famiglia Cervi.
Si tratta di alberi figli in linea diretta di altrettanti patriarchi da frutto sparsi per la Regione Emilia-Romagna, alcuni dei quali sono già estinti, ma dei quali ora questo loro “fratello” giovane perpetua il germoplasma e la storia antica.
Acero campestre maritato alla Vite prunella
La Vite è sorretta dall’Acero, ai cui rami si arrampica alla ricerca del sole, fruttificando abbondantemente, senza bisogno di altri sostegni. Per dare luce e sole alla Vite, l’Acero viene capitozzato. Un tempo i suoi rami, una volta seccati, servivano per scaldare il forno dove si cuoceva il pane.
La Vite è pianta di antichissima storia: la sua introduzione in Europa viene fatta risalire al 600 a.C. al popolo dei Fenici. La Vite Prunella produce un’uva a buccia blu-nera, dalla quale si ricava un vino rosso di buona qualità.
Fico Rosso
Questa varietà produce ottimi fichi dalla buccia rosso violacea e dalla polpa molto dolce e altamente energetica. Era una pianta diffusa nelle campagne soprattutto vicino alle case rurali o negli orti.
Il Fico è una pianta che non ha bisogno di particolari cure e in genere non è attaccato dai parassiti; attira api e vespe in quantità, ghiotte della sua polpa zuccherina.
Il Fico era molto diffuso nei giardini delle ville dell’antica Roma; il suo lattice urticante ricorda il latte materno e per questo era considerato sacro.
Pero Cocomerino
Il frutto è così chiamato per la sua polpa rossa che ricorda il cocomero; in Toscana viene chiamata anche “pera briaca” o “pera sanguigna”.
È una varietà antica, generalmente veniva coltivata nelle zone appenniniche di alta quota. Il freddo impedisce agli insetti di attaccare la pianta e favorisce la formazione degli antociani, responsabili del colore rosso della polpa.
La pera cocomerina è considerata “la dolce farmacia dell’umanità” perché contiene le pectine che proteggono il tratto intestinale. Inoltre, la fibra dei frutti stimola la peristalsi e facilita l’eliminazione delle scorie da parte dell’organismo.
Melograno Grosso di Faenza
Questo esemplare appartiene a un’antica varietà di origine sconosciuta, caratterizzata dalla produzione di frutti di dimensioni straordinarie che possono superare anche i due chili. È per questo che è chiamata “la Grossa di Faenza”. I chicchi hanno un sapore molto dolce e contengono un alto contenuto in vitamine.
In Emilia-Romagna il Melograno era quasi sempre presente nelle aziende agricole e veniva di solito piantato vicino alle case. Il frutto era spesso utilizzato al posto del limone nelle insalate e sulle carni. Anche Pellegrino Artusi ne consigliava l’uso in cucina.
Gelso Antico
Questo esemplare deriva dalla ceppaia di un antico Gelso che vive nel comune di Faenza. La sua particolarità, pur essendo un gelso bianco, è quella di produrre more scure di grandi dimensioni, il cui succo è identico al colore del sangue umano. Il sapore è molto gradevole.
Il Gelso è simbolo di sapienza ed è stato associato alla dea Minerva. Secondo Plinio il Vecchio, il gelso era un albero prudente e paziente: non schiude infatti alcuna gemma finché i pericoli del gelo siano cessati.
Albicocco Vecchio
Questa varietà, denominata “Ivonne Liverani”, è stata ottenuta a Faenza (RA) nel 1977. Il suo nome deriva, secondo le testimonianze di alcuni agricoltori, dal fatto che la Contessa Ivonne Liverani fosse avida di questi frutti e abbia voluto mangiarne anche se ferita a morte. Alcuni frutti rimasero macchiati dal suo sangue che ancor oggi viene identificato con le screziature rosse della buccia nella parte baciata dal sole.
La fioritura avviene nella prima decade di marzo, mentre la maturazione verso la terza decade di giugno, prima decade di luglio. La polpa è color arancio, consistente.
Melo Righetta di Balze
Il Melo di Balze proviene dai confini con la Toscana. Produce ogni anno grandi quantità di mele che, cadendo a terra, erano un tempo cibo prezioso per i cinghiali. I frutti si conservano a lungo rimanendo succosi. È una pianta molto rustica e resistente. Oggi è oggetto di studio per valutare i cambiamenti climatici in atto, attraverso le sue fasi fenologiche (apertura gemme, fioritura ecc.).
Secondo la tradizione la mela simboleggia la femminilità, e la sua forma ricorda il fondoschiena delle ragazze prosperose.
Olivo di Diolo
L’esemplare proviene da Diolo, località del comune di Lugagnano Val d’Arda (PC). È una pianta molto antica e dalla ceppaia partono numerosi polloni. I frutti, con apice appuntito e numerose lenticelle sulla buccia, sono di grossa dimensione e hanno un peso medio di 4,6 gr. Questa pianta è oggetto di studio per valutare i cambiamenti climatici in atto, attraverso le sue fasi fenologiche (apertura gemme, fioritura ecc.).
L’Olivo è uno dei simboli del mondo mediterraneo, citato spesso nella Bibbia.
Susino Zucchella
È una vecchia varietà di area parmense e reggiana. In Comune di Brescello si trova la Prugna Zucchella di Lentigione. A importarla sarebbe stata Maria Luigia d’Austria all’inizio dell’Ottocento attraverso la manodopera di origine slava che aveva chiamato nelle sue terre.
A Brescello, per dare impulso alla coltivazione di questa antica varietà, è nata l’Associazione per la valorizzazione della prugna di Lentigione.
La Susina zucchella appartiene al gruppo numeroso delle susine, sia a buccia viola sia gialla; veniva coltivata nei campi, nei cortili delle case contadine, lungo i filari delle viti o all’interno dell’orto. Il frutto, dalla polpa giallastra e dal caratteristico sapore, matura a fine luglio.
Ha anche proprietà medicamentose: oltre alla ricchezza di microelementi, enzimi e vitamine, è molto digeribile e svolge la funzione di blando lassativo. È pure stimolante del sistema nervoso ed è utile per le persone che svolgono un superlavoro.
Ciliegio Morettina di Vignola
Questa varietà, un tempo diffusa nel territorio vignolese, è ormai a rischio di erosione genetica. Si tratta di una varietà antica e a Vignola vegetano ancora pochi esemplari di circa ottant’anni, età che per il ciliegio è fuori dal comune.
Il Ciliegio Morettina di Vignola è una varietà che produce abbondanti frutti, ma piccoli e di sapore buono. La pezzatura è stata probabilmente uno dei motivi del suo abbandono a favore di varietà moderne di maggiori dimensioni.
In Oriente, in particolare in Giappone, il ciliegio è l’emblema della sensualità e della femminilità. Il termine Prunus Avium deriva dal latino e significa “susino degli uccelli”, perché gli uccelli ne sono golosi e ne facilitano la disseminazione.