«È un giorno tragico in Mynamar. Oggi almeno 25 vittime della repressione dei militari contro i manifestanti, tra i quali passanti, venditori ambulanti, una donna incinta. Il mondo fermi la violenza dei militari, subito. Dov’è Aung San Suu Kyi? Dov’è relegata? In quali condizioni? Lo dicano i generali, non possono tacere». Così la Sen. Albertina Soliani, già Presidente dell’Associazione Parlamentare Amici della Birmania, da anni in stretto rapporto di amicizia con Aung San Suu Kyi e il suo popolo.
«Il comandante in capo Min Aung Hlaing è stato a Yangon, ha visto le manifestazioni e ha detto: “Dobbiamo risolvere questa questione entro il mese”. Oggi è l’ultimo giorno del mese e i militari hanno cominciato a sparare ad altezza d’uomo.
C’è un solo modo per risolvere la questione, generale Min Aung Hlaing: il Tatmadaw ritorni in caserma.
La comunità internazionale può fare molto di più, oltre le dichiarazioni di condanna. Agisca subito. Gli Stati Uniti, l’UE, la Cina, il Giappone e molti altri Paesi sanno che in Myanmar oggi si decide la loro credibilità: con la politica tutto si affronta andando avanti, con le armi tutto si complica e precipita nel passato. Dice un cartello dei manifestanti: “Non abbiamo tempo di leggere le vostre inutili e patetiche dichiarazioni mentre il nostro popolo viene assassinato dai terroristi militari e dai poliziotti del Myanmar”.
Esiste il tribunale della storia, per le responsabilità di coloro che violano ogni diritto e disprezzano la volontà del popolo, per i loro esclusivi interessi personali, economici, di potere. Ricordino i militari del golpe che a questo tribunale dovranno rispondere presto. Con la trattativa politica tutto si può salvare, il destino del popolo e il destino del Tatmadaw».