Albertina Soliani: “Vi aspettiamo a Casa Cervi il 28 dicembre per l’inaugurazione del nuovo Museo”

Le parole della Madre, Genoeffa Cocconi, accoglieranno i primi passi di chi verrà a Casa Cervi, nel Museo rinnovato.

Parole che avevano celebrato la vita, con l’amore, la cultura, la cura per la famiglia e per quanti, fuggiti dai campi di prigionia, arrivavano ai Campirossi. Parole sconvolte, ora, in un colpo solo, dagli spari del Poligono di Tiro.

È da lì, dalla fine dei Cervi, che nasce il nuovo percorso del Museo nello stallino, sotto la prima porta morta della casa, e poi nelle due stalle. Per capire la scelta della libertà.

Le donne che accolgono, uno dei nuovi messaggi di Casa Cervi. Lo dice Lucia Sarzi, in un articolo scritto a mano il 17 giugno 1945, per la prima volta esposto nel Museo, facendo parlare Genoeffa: «Il mio dolore è grande ma sono rassegnata perché credo alla realizzazione delle idee dei miei poveri figli. Queste sue parole la traggono dall’ombra proiettando il nome di Cocconi Genoeffa nella storia della nuova Italia».

Al centro di una delle stalle, il mappamondo. Il mondo nuovo immaginato dai Cervi, il mondo nuovo di cui oggi siamo responsabili noi, il mondo nuovo che oggi dobbiamo immaginare noi. Il destino della democrazia, l’antifascismo oggi come dimensione esistenziale delle persone e dell’umanità intera che resistono alla continua minaccia della disumanità. Consapevoli che oggi, come ieri, la scelta della libertà è senza confini.

Racconta, il Museo, il valore di quella “minoranza comunitaria” che dalle campagne, dalle città, dalle fabbriche, dalle montagne ha fatto nascere l’Italia democratica.

La terra, a Casa Cervi, è la grande protagonista, anche nei materiali dei pannelli.

“La buona terra”, come il titolo del libro di Pearl S. Buck sui contadini cinesi che i Cervi leggevano con passione, come ricorda Riccardo Bertani.

Ci racconta ancora, la quadrisfera, la storia dei Cervi che dura lo spazio del coro Va’ pensiero, e, oggi per la prima volta, anche la lunga storia del paesaggio agrario italiano che Emilio Sereni ci ha consegnato.

Escono, dai video alle pareti, i volti delle persone. Persone che amano, studiano, lavorano, lottano, soffrono. Come racconteremo ai giovani il farsi della democrazia? Con la sapienza e il coraggio di queste vite, che hanno retto l’urto della storia del secolo scorso.

Un Museo per i prossimi decenni. Per la passione civile degli italiani, quelli nati qui e quelli arrivati da lontano. Anche allora, a Casa Cervi, venivano da ogni parte del mondo per condividere la nuova visione della libertà, della giustizia, della pace.

Si potrà sostare, nella stalla dell’antico filos, intorno al mappamondo. L’oggetto simbolo della loro visione senza confini. Intorno al mappamondo dei Cervi troveremo insieme, di nuovo, per questo nostro tempo così travagliato, le ragioni dell’unità, della giustizia, della pace.

Entrano, nei nuovi spazi, i colori di Alfonso Borghi: il rosso del sangue, il nero della morte, il giallo della gloria, l’ocra della terra. Perché il racconto della Resistenza è arte, bellezza, stupore dello sguardo.

È emozione, è meditazione. È passione collettiva, come sempre a Casa Cervi, ed è riflessione personale. Tutto, qui, ci interroga.

In queste settimane, che vedranno un passaggio importante per la Repubblica, l’inaugurazione del nuovo Museo Cervi ci parla della nostra Repubblica democratica come della scommessa più alta della vita dell’intero popolo italiano. Essa tutto racchiude: la speranza nel futuro, la dignità della vita, il lavoro, la scuola, la protezione sanitaria e sociale, la cultura, la politica. Beni essenziali, non solo per le generazioni presenti ma soprattutto per quelle di domani. Il nostro essere Europa, la nostra aspirazione ad essere Fratelli tutti.

Un Museo per tenere costantemente aperto, nella società e nella politica, il grande dibattito contemporaneo sulla democrazia, sull’antifascismo, sui valori umani universali. Sull’amore che li alimenta, fino al prezzo della vita.

Un Museo della memoria per essere contemporanei delle resistenze di oggi, delle scelte dei popoli che ripetono la scelta dei fratelli Cervi: dal Myanmar al Cile.

Chi viene a Casa Cervi sa già cosa cerca, sa cosa trova. E riparte di lì per essere migliore, per rendere il mondo migliore.

Con le radici nei Campirossi, con lo sguardo sul mappamondo.

Entrando sull’aia dal cancello principale, quello che guarda l’Appennino della lotta partigiana, quello che ha visto l’ultimo atto, la cattura degli uomini il 25 novembre del 1943.

Un Museo che racconta la vita, la storia, la memoria, il presente e il futuro.

Come dicono i versi del poeta Salvatore Quasimodo che ci accolgono all’entrata:

 

L’amore
La morte
In una fossa di nebbia
appena fonda…

 

Albertina Soliani
Presidente Istituto Alcide Cervi

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