Sono ore e giorni convulsi in Europa e nel mondo, nuovamente precipitati nel gioco al ribasso del terrore. Non sono mancate le parole, le dichiarazioni a caldo, anche le proposte affrettate, dopo gli attentati che hanno insanguinato Bruxelles. La capitale del Belgio come Parigi, Ankara, Kinshasa, Baghdad. Il filo del terrorismo lega tragicamente territori e popoli lontani eppure coinvolti nella medesima battaglia di civiltà. Certo, con diverse ribalte mediatiche, e con differenziate percezioni nell’occidente colpito al cuore delle proprie istituzioni rappresentative.
Perché l’attacco a Bruxelles, rispetto ad altre pagine egualmente terribili, rappresenta un livello aumentato di minaccia: è la capitale politica e simbolica dell’Europa che viene sconvolta, è la peculiare ricetta di convivenza su cui si fonda il vecchio continente che viene presa di mira. Quella stessa Europa fondata su macerie materiali e morali della seconda guerra mondiale, che seppe trovare il bandolo della propria identità e ragion d’essere proprio nel momento più basso della propria storia, il lungo tunnel del nazifascismo.
Oggi un’altra traversata pericolosa è in corso. Quella che separa la civiltà dalla barbarie. Ancora di più, è scossa alle fondamenta la nostra resilienza democratica, la capacità di reggere colpi così tremendi rimanendo noi stessi. Rimanendo democrazia, la più evoluta forma di patto sociale mai creato dall’uomo.
È questo che viene minato, questo che le bombe dell’ISIS cercano di incrinare. Con la paura e l’irrazionalità, al posto della politica e del pensiero. Più dei danni materiali, più ancora del tremendo conteggio delle vittime, sono questi gli ordigni alla base del nostro vivere comune. E sono ancora innescati.
La prima risposta è più Europa. Mentre l’offensiva al nostro modello di inclusione e partecipazione si muove su più fronti, dall’accoglienza sulle nostre frontiere alla sicurezza delle nostre città, la reazione deve essere univoca. La chiamata è per tutti, istituzioni e cittadini. Nativi e migranti. Non è uno scontro di civiltà. Sono LE civiltà contro l’arretramento del genere umano, come fu settanta anni fa. Quando gli europei ritrovarono se stessi di fronte all’abisso.
La speranza riparte non solo dalle scelte dei grandi, ma dalle grandi scelte di ognuno, come fu in tante case, villaggi, città e valli d’Europa quando si scelse la libertà al posto della tirannia. I sette fratelli Cervi scelsero di non rimanere schiavi della paura. E cambiarono il mondo, insieme a tutti gli altri. A noi oggi è chiesta la stessa tenacia, non per cambiare il nostro tempo ma per far rimanere l’Europa quella che è e merita di essere. La patria plurale delle democrazie, delle culture, dei popoli liberi.
A Casa Cervi ricominceremo da lì. Dai modelli di integrazione nelle scuole europee a confronto, con il seminario “Costruttori di Ponti – Europa” il prossimo 8 aprile. Perché la paziente opera di dialogo, cultura ed educazione non si deve fermare nemmeno di fronte al frastuono delle bombe, fatte per chi non ha parole da spendere, ma solo boati per ammutolire.
Ad ognuno il proprio pezzo di cammino. Noi faremo il nostro, come ci hanno insegnato i Cervi.
Istituto Alcide Cervi