E se nelle sere di teatro a casa Cervi si iniziasse a cambiare il mondo?
Blog a cura di Raffaella Ilari con approfondimenti e interviste agli organizzatori, agli ospiti e al pubblico del 16° Festival di Resistenza.
Intervista ad Albertina Soliani, Presidente Istituto Alcide Cervi
Mentre l’acqua bolle per la Pastasciutta Antifascista, siamo giunti al termine della sedicesima edizione del Festival di Resistenza e in attesa della premiazione delle Compagnie finaliste che avrà luogo oggi, 25 luglio, anniversario della caduta del fascismo, non resta che ripensare ai vari momenti che hanno costellato questo mese di luglio in cui il teatro è stato un motore di pensiero, riconfermando casa Cervi un osservatorio democratico e antifascista della Storia e della sue trasformazioni.
La drammaturgia originale e quella dei grandi maestri, un teatro vitale al femminile di attrici-autrici, l’indagine su temi contemporanei, l’uso di linguaggi espressivi diversi, ma anche incontri in cui ci si è soffermati a parlare di teatro femminile, di popoli in cammino in cerca di salvezza, di legalità, di cittadinanza e di rispetto affrontati da sguardi giovani: questo il ricco patrimonio di pensiero della sedicesima edizione di Festival. Un teatro in movimento che insegue la Storia, la osserva, la rielabora, se ne ispira, la mette in discussione. Sette serate con artisti provenienti da tutta Italia, momenti e occasioni di incontri per nulla scontati in un’epoca in cui assistiamo da una parte all’urgenza di un cambiamento veloce e reale e dall’altra all’inerzia dell’azione. Se luglio è stato un mese in cui la parola fascismo è tornata alla ribalta per episodi non troppo edificanti, e la sensazione, in questi segnali di regressione culturale, è che ci sia da fare parecchio, il teatro, la cultura, a Casa Cervi, sono stati investiti di un ruolo importante per la definizione di un nuovo paesaggio culturale.
“C’è bisogno di una rivoluzione”, ha affermato Albertina Soliani, presidente dell’Istituto Cervi, la prima sera, nel suo saluto di apertura del Festival. Sì, c’è bisogno di uscire da questo stato di inerzia, di eterno lamento, di mediocrità dilagante. Ho ripensato parecchio a quella frase pronunciata in quel luogo, dove lì sì, ci fu per davvero una rivoluzione. E di rivoluzione, ma anche di cultura e di sfide che la Storia ci offre quotidianamente, abbiamo parlato con Albertina.
<<Vorrei pensare ad uno stato permanente in cui le persone, vorrei dire la gran parte delle persone, si sentano costantemente vigili sull’esperienza che si sta vivendo e, con uno spirito critico, si pongano delle domande radicali sul mondo, sulla vita, sulla politica perché il mondo ci offre una infinità di problemi e interrogativi, basti pensare alla pace e alla guerra, alla vita e alla morte, agli interessi dei pochi grandissimi sconosciuti che governano la finanza del mondo e al bisogno invece di molti popoli di essere se stessi.
Alla fine è la vicenda sempre dei grandi valori umani universali che si esprimono nella Storia in modi differenti ma questa è una spinta molto grande, molto positiva che l’umanità ha, legata alla dignità dell’esseri umani e, dopo tanti secoli di storia, a come si deve vivere insieme, essendo tutti uguali e anche molto diversi.
Il mondo ci offre costantemente fatti e sommovimenti, penso ad un recente summit, da guardare con interesse, a Pechino tra Asia ed Europa sulla Via della Seta. Al tempo di Marco Polo i modi di camminare e di vivere erano profondamente diversi ma aveva capito il senso di un legame e di una scoperta continua senza confini. Questo summit, che ha visto la presenza di molti capi di stato e di governo, ha messo in programma un grande investimento di almeno 140 miliardi di dollari per infrastrutture e progetti culturali che legano, su tre direttrici parallele, il nord delle Vie, dall’Asia al Centro Europa, la via classica che passa attraverso l’Asia e arriva fino a Venezia, e la via del sud che passa attraverso l’Oceano Indiano, tocca l’India, l’Africa e arriva al Mediterraneo. Per parlare di cose concrete, la Cina ha già comprato il Porto del Pireo e sta guardando con interesse a Trieste e a Genova.
Mentre gli Stati Uniti di Trump si stanno isolando, noi abbiamo davanti un mondo che può vedere l’Europa, noi stessi, protagonisti di incontri sul piano culturale, politico e certamente commerciale e di grandi progetti di trasformazione, che occuperà i prossimi decenni. Di fronte ad un mondo così, che ti pone in modo così evidente e pressante il problema di dove mettere i milioni di persone che stanno in paesi di guerra e di fame, puoi dire aiutiamoli a casa loro? Va bene, ma come? Iniziamo a parlare seriamente. E in ogni caso, siccome i movimenti di immigrazione ci sono sempre stati nella storia, come facciamo a vivere insieme? Perché l’Europa, come dice Massimo Cacciari, è sempre stata fin dalla sua origine multiculturale. Allora, vorrei dire che, visto a distanza, il grande coraggio storico, culturale e politico, il grande patrimonio civile di questo incontro tra culture e civiltà, oggi, non sembra più essere una cosa interessante per la nostra società che è semplicemente impaurita e spaventata. Noi abbiamo bisogno di cittadini che si interroghino, certamente anche con un senso di preoccupazione, ma immediatamente vedano l’opportunità della Storia e sentano la responsabilità di esserci.
Il Festival di Resistenza nel cortile di casa Cervi vede convenire persone che avvertono questo senso della Storia che si trasforma e il senso civile di una responsabilità che ci appartiene adesso, così vicini ad un esempio come quello dei Cervi, i quali erano in un mondo che stava sotto la grande oppressione nazifascista e non sapevano da che parte prendere. Che strumenti avevano? Quello straordinario di una coscienza vigile che studiava. Studiavano di sera e lavoravano di giorno. Gli strumenti per conoscere: oggi ne abbiamo all’infinito ma non scatta ancora quello che in loro era scattato dentro la coscienza.
Perché parlo di rivoluzione? Perché hanno avuto il coraggio di pensare che potevano scardinare la Storia che in quel momento stava andando tutta per una copertura di orrori sull’umanità.
Ecco, se si viene una sera d’estate a casa Cervi, con la stanchezza del giorno ma con il desiderio di trovare un momento migliore della vita, e ci si incontra con l’esperienza teatrale, la quale mette in moto la parola, il corpo, il gesto, i sentimenti, il pensiero, con un teatro che stimola a pensare, la cosa fondamentale che viene da pensare è adesso che facciamo noi dopo che loro, a due passi da noi, hanno deciso di cambiare la Storia e ci sono riusciti.
Certamente hanno pagato un prezzo altissimo, la mia paura è che noi oggi non abbiamo ancora considerato l’idea che qualche prezzo dobbiamo pagarlo in cambiamento di vita e in scelte decise per i valori universali. La libertà e la giustizia non sono una cosa su cui ti puoi dilettare ogni tanto e poi la tua vita continua come prima, una vita da noi fondata sull’ingiustizia e sulla diseguaglianza, e che poi magari trova il momento in cui si occupa di cultura perché gli piace. Questa impostazione è profondamente sbagliata, egoista ed ingiusta. La cultura deve diventare uno strumento per cambiare la vita, la testa, l’animo e per cominciare ad organizzare con altri il cambiamento della storia, ma in una struttura sociale fondata e alimentata costantemente da decenni sull’individualismo, sull’idea dell’io e non del noi, il compito è molto difficile.
E allora pensi che una sera a teatro a casa Cervi può essere almeno l‘inizio di un modo di pensare diverso e di un interrogarci insieme su che cosa possiamo fare per cambiare il mondo come loro lo hanno cambiato>>.
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