“Rebuilding democracy in post-coup Myanmar” — Bruxelles, 1 febbraio 2024

 

LOCANDINA E PROGRAMMA

COMUNICATO STAMPA (PDF | DOC)

Rebuilding democracy in post-coup Myanmar
Ricostruzione democratica in Myanmar dopo il colpo di stato
1 Febbraio 2024
Bruxelles, Parlamento Europeo, Sala Spinelli

Intervento di Albertina Soliani a due questioni poste:

 

1) Cosa può fare la comunità internazionale oggi?

Merci Michael, merci amici Parlamentari, thank you amici birmani.
La mia lingua è l’italiano, mi aiuta Clelia, il mio cuore è europeo e birmano.
Siamo stati convocati qui, in questo giorno anniversario, dall’autorità di coloro che soffrono. E dal giorno della democrazia che sta avanzando in Myanmar, dalla luce che è tenuta accesa, nella notte del mondo. Dal popolo, dai gruppi etnici, da Aung San Suu Kyi e da tutti i prigionieri politici, dalle donne, dai giovani, dagli adulti e dagli anziani.
Quella luce è accesa anche per noi.
Qui, nel luogo dedicato ad Altiero Spinelli, viviamo lo stesso sogno, la stessa scelta morale: la democrazia, che protegge l’umanità.
Ci riguarda ciò che accade in Myanmar, ci riguarda il destino della democrazia nel mondo.
Il popolo del Myanmar è un baluardo nel mondo globale.
Con questo sguardo vediamo che fare.
Il tempo è questo, il tempo si è fatto breve.
Tre anni dopo il colpo di stato, la giunta militare è in difficoltà, la resistenza del popolo sta vincendo, il popolo è il sovrano, non violento, con i suoi rappresentanti oggi: i parlamentari eletti del CRPH, il NUG, il NUCC.
È aperto il cantiere per la costruzione della democrazia federale in Myanmar, a cominciare dai territori liberati. Un compito storico. Con la partecipazione del popolo e di tutte le energie del Paese, forti della loro unità.
È il tempo, senza indugio, della collaborazione della comunità internazionale, per affrontare una sfida complessa, per porre fine presto a tante sofferenze.
È il tempo di un Piano internazionale di amicizia con il Myanmar che sostenga il cammino democratico, la vita civile, lo sviluppo economico, culturale, sociale. Nell’amicizia, nella solidarietà. In questo quadro dovranno arrivare finalmente gli aiuti umanitari, non passando per i militari che sono la causa della crisi umanitaria.
In questo quadro l’esercito cambierà il suo ruolo.
In questo contesto potrà essere avviata a soluzione la crisi drammatica della popolazione Rohingya, che sta a cuore alla comunità internazionale.
Solo la visione, la forza, la solidarietà dei Paesi amici del Myanmar, a cominciare dalla Cina, per posizione e ruolo, potranno sostenere lo sforzo dell’interno popolo birmano di fronte a tanta complessità e a tante sofferenze.
L’Unione Europea sia in prima fila, metta il Myanmar democratico nella sua agenda in nome dei valori comuni che sono in gioco.
L’ONU metta a disposizione un suo inviato davvero speciale, che sia autorevole. Anche europeo. L’Unione Europea faccia dell’amicizia con il Myanmar una scelta che aumenta la speranza nel mondo.
Si può fare, specialmente le donne dell’Unione Europa la possono fare.
È tempo che il Myanmar democratico porti il suo contributo nella comunità internazionale, nella vita del mondo. Ci manca.
Gesù de marè.

 

 

2) Qual è il ruolo di Aung San Suu Kyi nella transizione?

Aung San Suu Kyi non è mai un problema, è sempre una straordinaria risorsa. Deve poter camminare con il suo popolo, deve potere camminare con noi.
La più visibile dei birmani, oggi la più invisibile.
Sia liberata, si apra la porta della prigione, le sia data la parola.
Il suo popolo è stato privato di lei, lei è stata privata del suo popolo. Madre Suu, è Amay Suu per tutti. Il popolo ha diritto ad averla con sé.
Lei è la scelta del Myanmar, la sua protezione, la sua sicurezza.
“Assenza, più acuta presenza”. Così un grande poeta italiano di Parma, Attilio Bertolucci.
Nel tempo della risurrezione del Myanmar c’è bisogno della sua visione democratica, della sua integrità morale e politica, della sua spiritualità.
Il suo ruolo nella transizione democratica? Camminare con il suo popolo, la Madre con i suoi figli. Tanto tempo fa, lei ha aggiunto un’invocazione a un’antica preghiera imparata da bambina dalla mamma, e me l’ha mandata: “Che ciascuno di noi sia un rifugio sicuro per la democrazia”.
Questo è il messaggio universale di Aung San Suu Kyi, per il Myanmar e per il mondo.

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